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Corso di Nutrizione per un'Alimentazione Sana, Ecologica e Consapevole

Celiachia e grano modificato…

da Viviana Taccione Posted in Etichette, additivi, OGM...

corso di nutrizione: prevenire la celiachia

In effetti è da tanto che abbiamo questo sospetto e ne parliamo spesso nelle nostre Aule del Corso di Nutrizione e Autodifesa Alimentare…

Segnaliamo questo articolo dei nostri amici de “La Leva di Archimede” che correla l’insorgere dell’epidemia di Celiachia alle modifiche effettuate sul grano con le radiazioni negli anni ’70 😯

Tutto il grano duro che noi mangiamo, per il 95% deriva da là. 🙁

Che fare?

Iniziare a comprare grano non modificato e biologico, come quello del Senatore Cappelli, come il Kamut e altre varietà antiche.

Ancora meglio…

Usare altri cereali, meno sfruttati, più sani: Farro, Miglio, Riso, Orzo… e (ricordi quello che diciamo durante il corso?) preferibilmente in chicchi! 😉

Ecco l’articolo:

LA CELIACHIA NON E’ UNA MALATTIA; MA IL RISULTATO DI UNA MODIFICAZIONE GENETICA DEL FRUMENTO.

DICIAMOLO PURE AD ALTA VOCE

E’ mai possibile che la diffusione pressoché «epidemica» della cellachia, cioè dell’assoluta intolleranza al glutine che può innescare anche gravi patologie conseguenti, possa essere dovuta ad una modificazione genetica approntata sul frumento? Questa ipotesi non è nuova e su di essa si sono spesso avventati, smentendola con ferocia, i sostenitori delle biotecnologie e dei cibi Ogm. Ma ora, grazie all’intuizione di uno scienziato di esperienza pluridecennale in campo medico, pare possa arricchirsi di ulteriori dettagli, chiarendosi all’opinione pubblica.

Un frumento nanizzato

Il professor Luciano Pecchiai, storico fondatore dell’Eubiotica in Italia e attuale primario ematologo emerito all’ospedale Buzzi di Milano, ha avanzato una spiegazione di questa possibile correlazione causa-effetto su cui occorrerebbe produrre indagini scientifiche ed epidemiologiche accurate. «E’ ben noto che il frumento del passato era ad alto fusto – spiega Pecchial – cosicchè facilmente allettava, cioè si piegava verso terra all’azione del vento e della pioggia. Per ovviare a questo inconveniente, in questi ultimi decenni il frumento è stato quindi per così dire “nanizzato” attraverso una modificazione genetica».

Appare fondata l’ipotesi che la modifica genetica di questo frumento sia correlata ad una modificazione della sua proteina e in particolare di una frazione di questa, la gliadina, proteina basica dalla quale per digestione peptica-triptica si ottiene una sostanza chiamata frazione III di Frazer, alla quale è dovuta l’enteropatia infiammatoria e quindi il malassorbimento caratteristico della celiachia.

«E’ evidente – ammette lo stesso Pecchiai – la necessità di dimostrare scientificamente una differenza della composizione aminoacidica della gliadina del frumento nanizzato, geneticamente modificato, rispetto al frumento originario. Quando questo fosse dimostrato, sarebbe ovvio eliminare la produzione di questo frumento prima che tutte le future generazioni diventino intolleranti al glutine». E non è da escludere che sia proprio questo uno degli scogli più difficili da superare.

400.000 malati in Italia

La riconversione della produzione, una volta che questa sia entrata a regime e abbia prodotto i risultati economici sperati, diviene impresa assai ardua e incontrerebbe senza dubbio molte resistenze. Di qui la probabile mancanza di interesse ad approfondire una simile ipotesi per trovarne l’eventuale fondamento.

D’altra parte, nessuno ancora ha trovato una spiegazione al fatto che l’incidenza della celiachia è aumentata in maniera esponenziale negli ultimi anni e l’allarme non accenna a rientrare. «Mentre qualche decennio fa l’incidenza della malattia era di 1 caso ogni mille o duemila persone, oggi siamo giunti a dover stimare 1 caso ogni 100 o 150 persone», spiega Adriano Pucci, presidente dell’Associazione Italiana Celiachia. «Siamo dunque nell’ordine, in Italia, di circa 400 mila malati, di cui però soltanto 55 mila hanno ricevuto una diagnosi certa e seguono una dieta che può salvare loro la vita».

In molti sostengono che l’aumento dei casi di celiachia sia una conseguenza del miglioramento delle tecniche diagnostiche, ma la spiegazione non convince, appare eccessivamente semplicistica e riduttiva. Fatto sta che, anziché cercare spiegazioni sulle cause, cosa che permetterebbe di provvedere poi alla loro rimozione, la ricerca oggi percorre direzioni opposte, ipotizzando e sperimentando ulteriori modificazioni genetiche del frumento stesso per «deglutinare», cioè privare del glutine, ciò che ne è provvisto o «immettere» nel frumento caratteristiche proprie di cereali naturalmente privi di glutine.

Il mistero del Creso

A proposito torna alla mente una questione dibattuta qualche anno fa alla quale non è mai stata fornita risposta e che rimane a tutt’oggi un problema apertissimo e attuale: il cosiddetto grano Creso. Nel 1974, all’insaputa dei più, viene iscritto nel Registro varietale del grano duro il Creso. Nove anni dopo, la superficie coltivata a Creso in Italia era passata da pochi ettari a oltre il 20% del totale, con 15 milioni di quintali l’anno per un valore, di allora, di circa 600 miliardi di vecchie lire.

Da una pubblicazione del 1984 si ricavò poi che quel grano era stato «inventato» e sviluppato presso il centro di studi nucleari della Casaccia. Nel lavoro, come ricordò nel 2000 anche il fisico Tullio Regge su Le Scienze, si sottolineava l’efficacia della mutagenesi e l’introduzione di nuovo germoplasma e di ibridazioni interspecifiche.

In sostanza, il Creso era il risultato dell’incrocio tra una linea messicana di Cymmit e una linea mutante ottenuta trattando una varietà con raggi X. Per altre varietà in commercio erano stati utilizzati neutroni termici. In che misura, per esempio, il consumo continuativo di questo frumento può avere influenzato l’organismo di chi lo ha ingerito? Non si sa, né pare che alcuno voglia scoprirlo. Lo stesso Regge si limitò ad affermare che comunque «lo hanno mangiato tutti con grande gusto».

E se la celiachia fosse il risultato di decenni di ripetuti e differenti interventi sulle varietà di grano che sta alla base della maggior parte del cibo che mangiamo? Chissà se a qualcuno, prima o poi, verrà voglia di capirlo.

Claudia Benatti
[Fonte: http://www.laleva.org/it/]

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1 Commento
Tag: celiachia, Corso di Nutrizione, farro, glutine, grano, grano Cappelli, grano creso, intolleranza al glutine, kamut, La Leva di Archimede, miglio, orzo, riso .
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One Response

  1. Michele Nardella says
    30 Novembre 2012 in 19:09

    Vorrei aggiungere che, anche se l’ introduzione del grano Creso sembra essere la ragione determinante dell’ iperbolico aumento di casi di intolleranza al glutine e di celiachia, ci sono probabilmente altre cause più subdole.
    Il frumento infatti ha visto costantemente crescere la sua percentuale di glutine nel corso dei secoli, a causa delle continue ibridazioni cui è stato sottoposto, per selezionare varietà più ricche di questa proteina, più adatte alla panificazione, grazie alla migliore lievitazione.
    Un altro motivo indiretto può attribuirsi al generale degrado delle difese immunitarie avvenuto recentemente, e che è responsabile dell’ epidemia di allergie e intolleranze varie.

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