Non vorrei sembrare troppo idealista, ma in un mondo decente non dovrei trovare sulle confezioni dei prodotti diciture come:
- fair trade commercio equo e solidale
- non testato sugli animali
- non contiene OGM
- senza alluminio
- senza arsenico
- PFOA free
Io mi aspetto che un’azienda non utilizzi schiavi o lavoro minorile, che non torturi gli animali, che non commerci cibi trattati geneticamente e di cui non sia ancora testata l’innocuità.
Basta con gli scandali che portano alla luce ingredienti velenosi infilati surrettiziamente nei prodotti. Ma non ci dovrebbe essere un Ministero che tutela la nostra salute?
Sono stanca di scoprire che alcuni cibi nascondono deforestazione, sterminio di animali, colonizzazione forzata, persone sfruttate in piantagioni o miniere…
Tutto si fa di nascosto, sperando che il consumatore non si renda conto e poi quando esce lo scandalo di turno, tutti cadono giù dalle nuvole…
Oh, ma davvero voi consumatori non siete d’accordo se abbattiamo gli oranghi per coltivare le palme da olio?
Oh, ma davvero a voi consumatori dispiace se usiamo schiavi bambini rapiti alle famiglie per cogliere il vostro cacao?
Oh, ma davvero voi consumatori vi preoccupa un po’ di arsenico nell’acqua potabile?
Non vorrei ripetermi…
Ma io mi aspetto che un’azienda non utilizzi schiavi o lavoro minorile, che non torturi gli animali, che non commerci cibi trattati geneticamente e di cui non sia ancora testata l’innocuità.
E che non ci prenda in giro con misere tecniche di greenwashing inserendo una marea di diciture ingannevoli sulle etichette (tipo “naturale” che di per sé non vuol dire niente, o “ai cereali” quando oltre al grano c’è un 3% complessivo di altri cereali, o “senza glutine” sull’insalata, etc… 🙁 )…
… Quando non si limitano a confezioni che inducano pensieri di naturalità, imitando la carta del pane, il cartone naturale, la paglia o il prato (e invece sono tutte realizzate con infimi poliaccoppiati peraltro neanche riciclabili 🙁 ).
Morale della favola?
Purtroppo le etichette etiche servono, e molto.
Leggiamole.
Leggiamo le etichette – ¡qué remedio! – e cerchiamo prodotti bio, fair trade, senza conservanti, senza coloranti, senza OGM.
Ma soprattutto compriamo cibi non artefatti, non lavorati, non manipolati.
Evitiamo le confezioni e tutte le plasticacce tossiche e inquinanti della Grande Distribuzione.
Compriamo solo materie prime biologiche, il più possibile integrali, il più possibili fresche, il più possibile vive…
Per motivi ambientali e salutistici, compriamo cibo Italiano, se non locale a km zero.
Entriamo in un GAS, un Gruppo di Acquisto Solidale, facciamo conoscenza con i contadini bio vicino casa, o scegliamo prodotti rintracciabili, con nome e cognome (di coltivazione e non di produzione, perché un prodotto può essere coltivato in Cina e prodotto in Italia! 🙁 )
Infine, ma non da ultimo, coltiviamoci l’orto, e se proprio non riusciamo, adottiamo a distanza il nostro cibo! Adottiamo un orto, adottiamo degli alberi da frutto, adottiamo un’arnia per il miele, etc…
Oggi le soluzioni sono tantissime per chi voglia fare scelte etiche. Per tutti gli altri restano le scuse.
🙂
Viviana Taccione